The Rodeo Man – Intervista a Mario Raspanti

Mario Raspanti

Nel secondo dopoguerra, la presenza di soldati statunitensi su suolo nazionale era numerosa. Per la prima volta una nazione così distante e diversa, era molto vicina, tangibile con mano e portava nel nostro Paese svariate novità.
Mentre l’Italia andava verso il boom economico, un ragazzino in salopette si appassionava a una cultura e a un mondo sconosciuti, che lo avrebbero accompagnato per sempre.
Mario Raspanti ha posto una prima, importantissima bandierina per il western in Italia. Dividendo il suo tempo tra famiglia, lavoro e amici americani con cui si confrontava nelle gare di rodeo, ha visto nascere e crescere un mondo che oggi, per molti di noi, è normale pensare ci sia sempre stato.
Negli anni ’70, metà degli italiani sognava Marina Occhiena, la biondina dei Ricchi e Poveri. Mario ha avuto la fortuna di essere premiato da lei in occasione di una gara, suscitando certamente, un po’ di sana invidia e gelosia.
E se da una parte Niki Lauda conquistava il titolo in Formula 1, dall’altra Mario Raspanti diventava il primo campione italiano di bareback rodeo.

Imola, 12 Gennaio 2020.

“Buongiorno Mario, mi chiamo Sarah, piacere di conoscerla.”
“Ciao, piacere mio, ma dammi del tu. Altrimenti non possiamo essere amici.” – dice con un gran sorriso. E mentre gli stringo la mano un pensiero mi attraversa la mente: “Che bei baffoni! Sembra Sam Elliott.”
È iniziata così la giornata trascorsa con Mario Raspanti, nel suo rifugio immerso nella campagna.

mario raspanti

Nella sua clubhouse, resto ammaliata da ciò che ci circonda e che Mario ci mostra con orgoglio. Una serie di piccoli tesori accumulati negli anni: ropes, fibbie incise a mano, targhe, dediche, vecchie foto piene di fascino e molto altro.  Appesi alla parete ci sono un paio di cowboy hats impolverati e vissuti, testimoni di chissà quante avventure.

“Da subito, da sempre. Come quasi tutti i contadini dell’epoca, anche mio nonno aveva i cavalli. Da lui ho appreso come preparare loro un pasto rinvigorente: si prendevano 2-3 kg di avena, il bavetto(1) e si metteva il tutto a bagno nel vino, il giorno dopo era pronto. Aveva un effetto eccitante, tanto che poi bisognava essere in quattro a tenere l’animale – dice ridendo – se ci provavo io, che ero piccolo, volavo via!”

Nel frattempo ci mostra uno stick da doma, fatto da lui riutilizzando il manico di una mazza da golf, alla quale ha sostituito la testa con la corda. Poi continua:

“Mio padre era un ufficiale di cavalleria, ed è stato il mio maestro. Mi ha insegnato anche a montare a pelo, però non lasciava tanto correre quando si sbagliava: al primo errore si avvicinava con la punta della frusta; al secondo ripeteva la scena; ma al terzo la frusta non si fermava.
Poi mi faceva spazzolare il cavallo, ed essendo un bambino, dovevo stare in piedi su una sedia per arrivare alla giusta altezza. Dopo averlo strigliato a lungo mio padre passava sul manto un fazzoletto bianco, ovviamente non restava candido. Si lamentava che non fosse pulito bene e mi esortava a continuare.
Però, ‘socc’ ragâs’ si può anche spazzolare per delle ore, ma se passi un fazzoletto bianco si macchia.
Quando si riteneva soddisfatto, passava nuovamente il fazzoletto tenendolo sollevato quei pochi millimetri che servivano affinché restasse pulito. Allora ero libero di andare.”

Mario trasmette un entusiasmo contagioso. Ha la voce allegra e due occhi lucenti dai quali traspare il suo grande spirito.
Secondo l’anagrafe ha 78 anni, ma basta parlare con lui qualche minuto per rendersi conto che quello è solo l’aspetto esteriore: d’animo ne ha meno della metà!

“Quando hai fatto la prima gara?”
“Quando ero ragazzino, di domenica nelle campagne circostanti si facevano dei piccoli palii; mi davano 100 lire per montare e potevo comprarmi le scarpe. A 13 anni giravo in salopette e scarpe da ginnastica.”

“E dai palii di campagna come sei passato al mondo western?”
“Ah, è una storia lunga! Avevo circa 14 anni, un giorno ero sul treno e ho visto un uomo vestito come me adesso” – Mario Raspanti indossa Wrangler Pro-rodeo, stivali a punta quadrata, camicia taglio western e un cap della Jack Daniel’s.

“Qualcosa mi ha spinto a voler parlare con lui. Ho scoperto che era un militare americano, un capitano della sussistenza ed era stato campione di rodeo negli Stati Uniti. Era di stanza a Livorno, dove si era ricreato il suo spazio di svago con qualche cavallo. Ho avuto un po’ di faccia tosta e gli ho detto che sarei andato a trovarlo. Così ho fatto. Sono andato e ritornato tutte le volte che potevo, viaggiavo in autostop avanti e indietro.
In tal modo ho conosciuto la monta western e tutto il mondo attorno ad essa. In Italia era ignota. Era difficile trovare selle diverse da quelle per la monta inglese. Qui in zona ci ho messo trent’anni a far capire cos’è un quarter horse.
Qualche anno dopo ero a San Zenone degli Ezzellini da Ted Bordignon.
A lui si deve il merito di aver portato e divulgato il mondo western in Italia. Tutto è iniziato da lì: rodeo, associazioni, tesseramenti e via dicendo.
“Veh, i militari di base a Sigonella andavano in aereo ad Aviano e da lì venivano a S. Zenone apposta per vedere il rodeo.”

Nel deposito, mentre veniamo avvolti dall’odore del cuoio, passiamo in rassegna una serie infinita di testiere, imboccature e selle. Una più particolare dell’altra. Addirittura una sella storica, reperto risalente alla seconda guerra mondiale.

Fuori è una bella giornata invernale, di quelle dove splende il sole ma ti si ghiaccia il naso. Un sbuffo richiama la nostra attenzione e conosciamo Star – abbreviativo di Star Doc Play -, un magnifico stallone Quarter di 9 anni.
Noto che il tondino di Mario è diverso dai soliti che mi è capitato di vedere e prontamente mi spiega il perchè:
“Le pareti di recinzione e i pali non sono perpendicolari al terreno ma inclinati verso l’esterno. In questo modo, se l’animale andasse contro la parete, le gambe del cavaliere non verrebbero schiacciate.” 

Mario Raspanti Quarter

Nel frattempo Star gira nel tondino insieme a una giovane ragazza. Mario Raspanti ci racconta che dopo una brutta caduta, aveva perso fiducia in sé stessa e nei cavalli.
“Viene quasi tutti i giorni, adesso ha ritrovato sicurezza e armonia nel montare. È stato un percorso che abbiamo fatto insieme, bisogna sempre tener molto in considerazione quali sono i timori di una persona. Quando è arrivata qui, era così spaventata che solo entrare in un box la impauriva. Per cinque volte è salita a cavallo mentre io lo facevo girare tenendolo con la longhina. Per tornare al galoppo ci sono voluti sei mesi, ognuno ha i suoi tempi, forzare la mano è controproducente.”

—fine prima parte—

Note:
(1) – Altro nome con cui viene chiamato il trifoglio bianco o trifoglio ladino.