È morto lunedì mattina, alla veneranda età di 83 anni, Charlie Daniels.
E’ dura, ma l’ho scritto. Non è mai bello fare i necrologi di qualcuno che è stato un mito.
Per qualche strano motivo si pensa che le persone che abbiano rappresentato un’icona, un’emozione o un’epoca non debbano mai morire.
Membro del Grand Ole Opry dal 2008 e della Country Music Hall of Fame dal 2016, Charlie Daniels deve gran parte del successo quando, nel 1979, arriva in testa a tutte le classifiche Country con “The Devil went down to Georgia” e diventa un fenomeno trasversale scalando la classifica pop “Hot 100” di Billboard fino al terzo posto, inseguendo “My Sharona” di The Knack e “After the Love Has Gone” di Earth Wind and Fire.
L’anno successivo avviene la consacrazione a mito della musica Country: partecipa alla realizzazione del film “Urban Cowboy” dove, insieme alla sua band, suona la hit durante una gara di ballo western.

Strumentista, cantante e cantautore ha stabilito una straordinaria e poliedrica carriera in Music City ancora prima del successo. La sua arte la potete ascoltare in tre album di Bob Dylan – incluso il rivoluzionario “Nashville Skyline” – oltre a collaborazioni con Ringo Starr, James Brown e tanti altri.
Molto attivo nel sociale, è stato il fondatore di “volunteer Jam”: un concerto in favore della causa dei veterani di guerra.
Mi unisco al messaggio che amici, fan e musicisti di ogni genere hanno fatto girare sui social:
‘Il diavolo non può rubare la sua anima!’
2 risposte
Non posso non scrivere due righe di saluto a una delle colonne sonore della mia vita.
Probabilmente una delle colonne sonore più complesse e non solo perché lo si poteva definire country o anche southern rock, rockabilly o bluegrass, ma anche perché era una cosa sola con gli Stati Uniti e la loro storia. E la storia degli States, lo sappiamo bene, ha mille facce, mille prospettive sotto cui essere guardata. Proprio come la storia musicale e personale di Charlie Daniels.
Da sempre si è provato a dargli un’etichetta, a imbrigliarlo in qualche definizione musicale o anche politica. Impossibile, un po’ come era impossibile sellare ‘Caballo diablo’, ‘That raven black stallion that wears no man’s brand with a wild restless spirit like mine’ uno dei suoi successi riproposto poi anche in coppia con Chris LeDoux, altro gigante che abbiamo visto cavalcare nella luce del tramonto troppo presto:
‘Well I may be half man but the other half’s devil and you’re just exactly like me’
Col passare degli anni è divenuto un paladino dell’American Heritage, profondo conoscitore della storia del suo Paese e non solo come i suoi detrattori hanno sempre voluto far credere, del profondo sud.
I suoi cappelli a falda larga, anzi larghissima, le fibbie (buckles) che definire vistose è riduttivo, la sua appartenenza alla NRA (National Rifle Association), i suoi concerti per le truppe americane in giro per il mondo (tra cui un album + documentario live da Baghdad, nel 2007) ma soprattutto la sua schiettezza nell’esprimere le proprie idee, sono ormai leggenda.
Sul suo sito web, pochi giorni fa aveva riportato il testo di una sua canzone ‘My Beautiful America’ accompagnato da un video (un invito a guardarlo/ascoltarlo) che mostra le bellezze del Paese più straordinario del mondo e che amava profondamente, gli Stati Uniti d’America, introducendolo con queste parole:
This year, as we celebrate the 244th birthday of the greatest nation the world has ever known, we are beset with many problems, some of our making and some we have no control over.
But, be that as it is, America is still the greatest and I want to express my personal feelings about our beloved country, its magnificence, its beauty and its diverse population.
Wishing all Americans a happy and reflective Independence Day.
Charlie Daniels
Grazie gi.ier del tuo approfondimento!