E’ domenica… un’assopita domenica di fine estate.
La calura agostana cede il passo alle fresche temperature settembrine.
Una flebile pioggia equamente bagna ogni dove, accarezzando con dolcezza le ortensie del giardino.
Annoiata vago a piedi nudi per casa; la morbida sottoveste ad accarezzarmi i fianchi; spirali d’incenso danzano voluttuose nella stanza; il lume di una candida candela regala effimeri raggi di speranza; ed un unico pensiero, ormai da infiniti minuti, tiene in ostaggio la mia mente: sordo, pressante, terribilmente tenace…
“… ma come cavolo lo scrivo questo benedetto primo articolo?”.
“Scrivere d’Amore?… come se fosse semplice!… mentre si chiacchiera se ne dicono di cose; ma scrivere?!
Scrivere è tutt’altra cosa… da dove inizio?!!!”
Ancora piena di dubbi, mollemente mi abbandono sul divano.
Prontamente il suo abbraccio mi accoglie, facendomi sua…
“Sempre comodi, ‘sti cuscini” penso distrattamente.
Incrocio le gambe e tra di esse posiziono il notebook.
“Inizio da me!”.
“Ecco da dove parto!”.
Parto da quella che sono; da ciò che penso e che quotidianamente sperimento; e poi proseguo decisa seguendo la via, in parte già tracciata, dei mille gradini coraggiosamente oltrepassati; ormai fintamente dimentica di quelli presi male, che insidiosi mi hanno fatta inciampare e cadere, regalandomi indelebili graffiti sul cuore:
innumerevoli tacche di saggezza.
E tra un gradino infausto e l’altro, livida, con le mani e ginocchia sbucciate, ogni volta, mi sono rialzata.
Le lacrime agli occhi.
Sì, perché ho pianto: ho pianto molto.
Ma ho anche riso! Riso tanto! Tantissimo!!!
Perché la capacità di ridere è sempre stata la mia alleata più potente.
La migliore delle medicine.
Saper ridere di se stessi, con consapevole autoironia, è un’arte.
Saperlo fare con rispetto: è Amore!
Sì, sempre Lui! Amore!
“Eccolo qui!”.
“Ci risiamo!”.
“Sono tornata al punto di partenza!”.
Basta citarlo e mi sembra di aver già scritto tutto.
Infastidita mi alzo dal divano riprendendo il mio silente vagare per casa; i piedi nudi a calcare lo scuro parquet e lo sguardo curioso orientato a cercare “quel non so” che tanto mi ha improvvisamente distratta.
In un angolo, ignara complice di questa arcana atmosfera, la candida candela continua a regalare rocamboleschi giochi di luci; l’incenso, con le sue indomite spirali, indisturbato satura la stanza, inebriando la mia mente più di un buon calice di fresco Traminer.
Dirigo lo sguardo verso la finestra e… lo vedo.
Finalmente, lo vedo!
Tra le mani stringo uno strofinaccio.
I pugni serrati nello spasmodico tentativo di frenare l’impulso.
“E’ solo questione di saper attendere”, è quanto eccitata continuo a ripetere a me stessa; è solo questione dell’attimo giusto… non temere… aspetta…
Ecco! Sta venendo verso di me!… dalla finestra si dirige sicuro nella mia direzione; è maestoso nella sua grandezza; fiero; deciso.
Resisto ancora un poco; ormai sta per accadere; è ineluttabile l’incontro… arriva… si ferma dinnanzi alla porta.
E…
Zac!
Un colpo secco con lo strofinaccio e quel fastidioso moscone giace inerme a zampe in su!
(ndr: stordito, non morto!)
Oh là! Finalmente posso tornare a scrivere d’Amore.
Dove ero rimasta?
Sì, al fatto che mi basta citare la parola Amore e tutto è già espresso.
E’ davvero così?
In realtà sono convinta di no.
Ogni volta che mi sono trovata a far due chiacchiere con amici, o anche spontanee quanto complici conversazioni con conoscenti, ho ascoltato pareri seppur simili in tanti aspetti anche profondamente differenti tra loro.
Ognuno di noi, al di là di quanto comunemente il termine Amore significhi, dà a questo sentimento le più variegate delle sfumature. Almeno una per ogni persona che si trova ad amare; almeno una per ogni situazione d’amore che si trova a vivere.
Almeno per me è così.
Ogni relazione che ho intessuto nel tempo, da quelle di coppia a quelle amicali, ed ancor prima quelle famigliari, è stata, ed è tutt’ora, unica ed irripetibile.
Ognuna ha la propria gamma di colori: il proprio colore predominante.
Alcune hanno sfumature accese dai toni allegri e luminosi; altre calde e ammalianti; altre ancora, per fortuna poche, decisamente cupe o tendenti al color m… oscone; in ogni caso tutte uniche ed ineguagliabili.
Fino ad ora sono molti i colori che non ho utilizzato ed ancor di più quelli sui quali non ho posato lo sguardo; ci sono colori che ancora non ho imparato a vedere.
Ecco perché, con il cuore grato per quanto ricevuto fino ad oggi, con magico stupore ed entusiasmo, fiduciosa, osservo la tavolozza della Vita.
Sì, con entusiasmo e fiducia! Serbando nel cuore l’ottimistica speranza di non essere verniciata a spruzzo!